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Il Noce

Il noce (Juglans regia) è un albero maestoso ed elegante che può raggiungere i 15-20m. d’altezza. Cresce preferibilmente su terreno moderatamente umido, ricco di humus e di sostanze nutritive.
Il tronco è diritto con corteccia grigia, solcato profondamente nella pianta adulta, mentre in quella giovane, si presenta liscio e di colore bianco-cenere. La chioma è ampia e tondeggiante, le foglie sono grandi, verde scuro nella pagina superiore, glabra e più chiara nell’inferiore. Il frutto è verde, a forma sferica ed è presente nei rami terminali in gruppi di due o quattro; è composto da un involucro esterno carnoso e odoroso (mallo) di colore verde e da una parte interna, dura e legnosa, divisa in due, contenente il seme avvolto da una sottile pellicola che nuovamente si divide in due parti (ognuna formata da due lobi) eduli e cerebriformi.

Il noce è giunto in Europa attraverso i Greci che lo fecero arrivare  dall’Asia minore a Roma, da cui poi si diffuse in tutto il continente. Il suo nome latino deriva dal fatto che i greci erano soliti chiamarlo proprio noce reale, per ribadirne la sua importanza e il suo prestigio: Juglans è la contrazione della locuzione “Jovis glans”, cioè “ghianda di Giove”, così chiamata in virtù della bontà e dell’alto valore nutritivo del frutto. Nel nome latino è insito anche un richiamo all’organo genitale maschile, che ha fatto della noce anche un simbolo di fertilità e di fecondità: dal termine latino “glans”, ghianda, è derivato anche il termine “glande”, a causa della somiglianza tra la sua parte terminale e il noto frutto della quercia.

Si ha testimonianza, attraverso reperti archeologici, che i frutti del noce venivano consumati, come alimento, già 9000 anni fa. Plinio il Vecchio, nel suo “Naturalis historia”,  testimonia l’importazione del noce in Europa da parte dei greci tra il VII e il V secolo a.C. dall’Asia minore.

Albero fallico per eccellenza, forse per la forma sferica del frutto che ricorda  quella dei testicoli, al noce si attribuivano poteri capaci di suscitare impulsi arcani.  Nella ricca e variegata mitologia greca, la noce ha un posto d’onore in un mito legato al dio Dioniso (il Bacco dei Romani) ed era anche l’albero simbolo di Artemide, la Diana greca, trasformata appunto in noce da Zeus in persona. Questo riferimento con Artemide- Diana da un lato, e con Dioniso- Bacco dall’altro, continuò ad esistere nei rituali pagani, fino all’avvento del Cristianesimo ed oltre. Per fare un esempio, nella celebrazione dei Misteri Dionisiaci, le Menadi, ossia le sacerdotesse di Dioniso, chiamate anche Baccanti, danzavano attorno ad un albero di noce, sacro al dio, in preda ad incontenibile esaltazione e i sabbat  si concludevano con l’orrore seminato dalle streghe in piena notte.
Nei processi per stregoneria l’albero è spesso nominato

Quando si diffuse il  Cristianesimo, i suoi adepti, che aveva sempre visto la donna come personificazione del male e del peccato, ritennero questi rituali osceni e malefici: nacque così la leggenda delle streghe e delle loro riunioni notturne (sabbat) sotto un noce, nella notte di San Giovanni. Si raccontava che le streghe  provenissero da qualsiasi luogo e ancora oggi,  in alcuni paesi, è vivo il detto “Le streghe vogliono noci”, come ancora  è diffusa la superstizione popolare che sconsiglia vivamente chiunque di riposare o, peggio ancora, di addormentarsi sotto un albero di noce, correndo il rischio di risvegliarsi con un forte mal di testa o addirittura con la febbre alta. Si credeva che durante i sabbat le streghe fossero capaci di causare aborti, o di far nascere bambini menomati. Il loro passaggio era percepito dai dormienti come una folata di vento, oppure con un senso di oppressione sul petto. Si diceva anche che le streghe potessero fare dispetti lievi, come intrecciare le criniere dei cavalli, dopo averli cavalcati fino all’alba. Anche nella Bologna medioevale, a quanto pare in ambiente universitario, si discuteva del nesso tra l’albero del noce e le figure demoniache.
Una leggenda vuole che durante il papato di Papa Pasquale II (1099-1118), venne sradicato il noce dove, nel cuore della notte, a Roma danzavano diavoli e streghe, e nello stesso luogo venne poi eretta la chiesa di Santa Maria del Popolo.
Si raccomandava di non piantare questi alberi troppo vicini a ovili e stalle, perché se le radici vi fossero penetrate, gli animali avrebbero cominciato a deperire. Questa credenza è in parte giustificata dal fatto che le radici di questa pianta, come anche le sue foglie, contengono una sostanza tossica, la juglandina, capace di far morire le  piante limitrofe ed è un dato di fatto che nelle vicinanze degli alberi di noce non crescono altre piante, caratteristica che anticamente è stata associata alle attività stregonesche che vi si svolgevano sotto. Alla negatività dell’albero di noce,  non corrisponde tuttavia quella del  suo frutto. Il noce si inquadra con la simbologia della Grande Madre, nel continuo ciclo di morte e rigenerazione che rappresenta.

Nella tradizione alchemica, la noce, a causa della sua forma ovale quando è ancora racchiusa nel mallo, ricorda l’Uovo Filosofico, nel quale viene preparata la Materia, per il compimento della Grande Opera. Il frutto è anche un’allegoria stessa dell’essere umano, se si considera il mallo come la sua carne, il guscio come le sue ossa e il dolce e candido gheriglio interno come la sua anima.

Osservando il gheriglio della noce è evidente la sua somiglianza al cervello umano. Da tale  caratteristica, in passato, è derivata l’attribuzione alla noce, di proprietà  medicinali contro tutti i problemi legati al cervello, secondo la  dottrina delle “corrispondenze”, o della “magia simpatica”. A tale proposito Giovanni Battista Della Porta (1535–1615), medico e alchimista della Scuola Salernitana, in una delle sue opere, la “Phytognomonica”, del 1583, nella quale trattava delle proprietà delle piante e dei metodi per scoprirne le virtù in base alla somiglianza con le parti anatomiche, scriveva: “Il mallo, guscio esterno carnoso, verde, corrisponde ai tegumenti del cranio, il guscio al cranio, l’endocarpo alle meningi, e il gheriglio ai due emisferi cerebrali”.

Alla noce sono riconosciute importanti proprietà terapeutiche: il frutto contiene acidi grassi polinsaturi, come l’acido linolenico e linoleico, ossia omega 3 e omega 6, vitamina E (tocoferolo),  sali minerali, (soprattutto magnesio), tannini  e flavonoidi.

Le noci depurano  l’organismo dalle tossine e contribuiscono a tenere sotto controllo il tasso di colesterolo del sangue, sono anche un ottimo integratore e si rivelano utili anche in casi di inappetenza, stress, stanchezza e lievi stati depressivi. In passato il noce è stato molto utilizzato nel trattamento degli eczemi cronici, dell’artrite urica e attualmente le sue foglie, assunte per via orale (infuso, decotto, tisana), sono ancora ritenute preziose nelle malattie del ricambio quali diabete, gotta e obesità; la pianta favorisce la diuresi, stimola la funzione epatica ed è utile nelle affezioni reumatiche e nel rachitismo.

Per uso esterno è utilizzato contro le infiammazioni delle vie genitali femminili; gli impacchi del decotto delle foglie sono efficaci contro la congiuntivite, le dermatosi.

L’olio di mallo di noce possiede una notevole proprietà protettiva contro i raggi solari e dalle ricerche emergono le sue qualità astringenti e antisettiche. Il mallo e le foglie infatti, contengono tannini,  che assieme ad una importante sostanza chiamata juglone, sono responsabili dell’azione fotoprotettiva e colorante per rendere pelle e capelli scuri. Nell’uso cosmetico l’olio di noce è utilizzato come antiforfora (solo su capelli scuri) e per combattere la calvizie.
L’olio ha caratteristiche ricostituenti, utili negli anziani e nei bambini,  ed esplica inoltre un’ azione vermifuga. Studi recenti ne hanno riconosciuto anche le proprietà ipoglicemizzanti, grazie alla presenza di una sostanza chiamata “catecolo”, inibitore della saccarificazione degli amidi nell’intestino e della trasformazione del glicogeno nei tessuti. Dalle noci ancora verdi e dal mallo si ricava un ottimo liquore chiamato “nocino”, che anticamente era considerato una panacea per ogni male. Secondo la tradizione, la raccolta delle noci necessarie alla sua fabbricazione, va fatta proprio nella notte di San Giovanni (tra il 23 e il 24 Giugno), cioè in corrispondenza del Solstizio d’Estate, a piedi nudi e percuotendo i rami con un bastone di legno. Solo attraverso questo rituale, il liquore che verrà prodotto, acquisirà quelle proprietà taumaturgiche per le quali è famoso.

Secondo la magia verde, portare con sè le noci,  è utile per rafforzare il cuore e curare i dolori reumatici. Ricevere in dono un sacchetto di noci favorisce la realizzazione dei propri desideri. Mettere noci in un cappello o intorno alla testa, aiuta a prevenire il mal di testa e le insolazioni.
Se una donna desidera sposarsi, ma non concepire, il giorno delle sue nozze dovrà mettere nel suo corpetto tante noci tostate, quanti sono gli anni che vuole restare senza avere figli. In Puglia, l’usanza popolare vuole che le donne portino in tasca una noce contro tenere lontano le malattie e il malocchio.

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