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I Tarocchi Marsigliesi – La Morte

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XIII – Tredicesimo Arcano Maggiore – La Morte ( La Mort )

L’Arcano XIII è contrassegnato, in alcuni mazzi, dal solo numero 13 ed è infatti conosciuto come ” l’ Arcano senza nome”. Solitamente nella carta è raffigurato uno scheletro con una falce, che cammina in un campo cosparso di mani tese, piedi e teste coronate: una rappresentazione che si rifà all’iconografia medievale del Trionfo della Morte. Per tale motivo questa carta è conosciuta appunto come la Morte. Nei tarocchi marsigliesi non veniva riportato il nome sulla lamina, ma solo il numero 13, per paura che, nominando la Morte, questa potesse giungere all’ improvviso e inaspettatamente. Il timore che suscita questa carta è collegato a uno dei tanti atteggiamenti superstiziosi relativi a questo numero: il 13 è infatti un numero ambiguo, ora di buon auspicio, ora no. La morte distrugge il corpo e tutte le dolcezze della vita, ma mette fine anche al dolore e alla disperazione, quindi rappresenta la fine di una cosa e l’inizio di un’altra, una distruzione che porta al rinnovamento. E’ riduttivo limitare l’ Arcano XIII al significato tradizionale di “morte”, vi si può leggere una grande trasformazione, una rivoluzione, un cambiamento radicale.
L’ inquietante personaggio raffigurato impugna la sua falce vitale (rossa) e spirituale (azzurra), lavora sulla natura, sulla propria natura profonda. Il manico della falce è giallo, colore dell’intelligenza : il lavoro è stato desiderato, pensato, e ora viene portato a termine. Lo scheletro rappresentato non è bianco, ma rosa, simbolo della vita che va oltre la morte. La falce è l’arma del sacrificio psicologico a cui deve sottostare l’iniziato per passare dall’esistenza all’ essenza. Lasciando il mondo dell’apparire, egli penetra in quello dell’essere, la cui pace e serenità sono visibili sui volti nel terreno. Il suolo nero su cui lavora l’Arcano XIII, ricorda la nigredo dell’alchimia, oppure il fango da cui spunta il loto nella tradizione buddista. Il nero è il colore dell’inconscio, del mistero profondo. Sul suolo vediamo due teste incoronate, non sappiamo se siano state mozzate, oppure se emergano dall’oscurità, così pure non è dato sapere se le mani e i piedi che vediamo a terra, siano stati mozzati, oppure stiano crescendo come germogli. Le teste conservano le loro espressioni come se rimanessero vive: una di esse porta una corona, simbolo della sovranità, dell’intelligenza e della volontà che non abdicano morendo. I lineamenti dei volti mantengono espressioni serene, quasi sorridenti, perché gli affetti non muoiono e l’anima vive anche dopo la morte fisica. Anche se porta dentro di sé l’azione divina, l’aspetto dello scheletro con la falce incute terrore, soprattutto per la casualità con cui questo personaggio agisce, senza mostrare alcun rispetto per la bellezza della vita.  Ma la sua azione ci indica la via della trasformazione, conducendoci dalla mortalità all’immortalità della coscienza individuale. Ciò che è, cambia aspetto, ma non viene mai distrutto: noi dobbiamo la nostra esistenza effimera a ciò che chiamiamo Morte: il profano deve morire per rinascere ad una vita superiore: se non muore al suo stato di imperfezione, non può compiere nessun progresso iniziatico. Un’infinità di miti, testi sacri di qualsiasi religione, nonché opere d’arte di carattere iniziatici, come per esempio la Divina Commedia, hanno per argomento una discesa nel mondo dei morti che porta ad un radicale cambiamento del protagonista, a una trasformazione di tutte le capacità che prima erano solo latenti e non ancora in grado di aprirsi al divino, perché mescolate ad impurità. La discesa nel regno dei morti significa perciò andare fino in fondo a se stessi, nelle oscurità della propria natura, là dove Jung chiamava “la caverna degli assassini” che ogni uomo ha dentro di sè.

Lettura : la Morte simboleggia la fine di qualcosa, un momento di cambiamento che può essere quasi una scelta obbligata e ineluttabile. Il passaggio può essere doloroso, difficile, può gettare nella disperazione, nella malinconia, ma è comunque indispensabile per l’evoluzione spirituale: vedere crollare le proprie illusioni, chiudere col passato, troncare legami o abitudini consolidate provoca sempre sofferenza. Tuttavia, quando si desidera un cambiamento, l’Arcano XIII lo provoca con una tale rapidità che può dare un grande sollievo. Sotto il profilo divinatorio la Morte è il principio trasformatore che rinnova tutte le cose. E’ la necessità ineluttabile, il cammino fatale dell’evoluzione. E’ il movimento eterno che si oppone ad ogni arresto e a tutto ciò che sarebbe veramente morto. Simboleggia la liberazione, la spiritualizzazione. Questa carta potrebbe suscitare una impressione negativa da parte del consultante, mentre invece è di buon auspicio, indica la possibilità di un grande cambiamento, di una trasformazione positiva, anche se drastica e improvvisa. Dal punto di vista affettivo all’interno della coppia avviene un forte cambiamento, un chiarimento che porta a riunire la coppia oppure, quando questo non sia più possibile, una rottura dolorosa, ma positiva per l’evoluzione individuale.

Come carta iniziale, la Morte indica che i cambiamenti che dovevano accadere, sono già accaduti e che si apre una nuova strada per il futuro.

Come carta di transizione tra passato e futuro, invita a non avere pregiudizi e a superare vecchi schemi per arrivare ai propri obbiettivi.

Come ostacolo la Morte è una carta pericolosa, indica che bisogna rivedere tutti i propri programmi perchè si presenteranno delle circostanze inattese.

Come indicatrice di persona, questa carta può indicare una persona solitaria, una persona che si rifà una vita dopo un grandissimo dolore.

L’arcano capovolto segnala che il periodo di crisi è ormai al termine e si capovolge anche l’aspetto negativo dell’eventuale sofferenza legata al cambiamento. Indica, quindi, rinnovamento, evoluzione della personalità. Nuovi progetti, creduti irrealizzabili, inaspettatamente si concretizzano.

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